Shallow: La colonna sonora del nostro Amore!

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Beh che dire! Dopo aver trascorso ore dal tipografo per scegliere le partecipazioni (da premettere che per me erano e sono del tutto irrilevanti, poiché detto tra noi avrei preferito optare per quella digitale! Ma la mamma è sempre la mamma e va accontentata) dopo  aver starnutito incessantemente dal fiorista alias flower design, a causa della mia cronica allergia al polline, per scegliere gli addobbi floreali, e dulcis in fundo dopo aver trascorso un pomeriggio piacevole ma impegnativo per valutare gli allestimenti super wow che avrebbero fatto da cornice al nostro matrimonio, pensavo da futura sposa di aver completato  i miei compiti a casa. E invece no!
Nella lista dei to do, non ero nemmeno a metà… chi mi conosce sa, che dopo 4 anni di fidanzamento con il mio amato e strafico fidanzato Jhon, americano trapiantato per amore, nella ridente e lussureggiante campagna fiorentina, che in realtà la mia idea di matrimonio era tutt’altro.
Ma come spesso accade, ci si ritrova in situazioni paradossali, per cui bisogna scendere a compromessi con i familiari, i famosi parenti serpenti. Scherzi a parte, il mio unico desiderio era di sposarmi finalmente con il mio pacman. Si è cosi che amavo chiamarlo da sempre, fin dal nostro primo incontro al baretto del paese.
In un caldo pomeriggio di primavera, mi trovavo come al solito al bar sport, tipico nome dei baretti di provincia, dove l’età media dei clienti si aggirava attorno al secolo, ma non avendo alternative ci si ritrovava li ai tavolini del grazioso giardino per usufruire del wifi gratuito. In quel pomeriggio sembrava che tutto andasse storto, una congiunzione astrale da guiness dei primati. Chiesi al cameriere panzuto e sudaticcio di servirmi il solito the caldo con brocca a parte, miele a parte e tazza a parte, e lui di tutto punto al solito mi rispondeva “ma te non sarai normale che bevi il the a maggio”, ed io ormai assuefatta ai commenti grezzi e obsoleti di concittadini retro style,  dal gusto vintage andante, non rispondevo nemmeno più, abbozzavo un sorriso ed attendevo buona buona il mio the.
Nel frattempo fui colta di sorpresa dall’arrivo di un giovane aitante dall’accento straniero che farfugliava qualcosa a denti stretti mentre con un ghiglio delle labbra teneva la sigaretta spenta in bocca. Risposi con la mia innata gentilezza e cortesia, cercando di essere utile allo straniero super bono.  E cosi dopo vari scambi di battute, scoprii che si trattava di un cantante folk che si aggirava per le colline toscane alla ricerca di una non ben identificata sala di registrazione.  Era in moto e dopo aver bevuto il mio the, mi offrii di fargli strada fino all’indirizzo che aveva memorizzato sul navigatore inceppato.
Quel pomeriggio non trovammo solo la sala di incisione tanto ricercata, ma anche l’amore. In realtà, si trattò di un colpo di fulmine per entrambi. Sembravamo come posseduti dal dio eros, imbambolati l’uno negli occhi dell’altro. Ormai eravamo improciuttati alla grande! E mentre l’ascoltavo suonare la chitarra e accompagnare la melodia con la sua voce rauca, profonda, pensavo ecco è lui!
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In un caldo pomeriggio di primavera, mi trovavo come al solito al bar sport, tipico nome dei baretti di provincia, dove l’età media dei clienti si aggirava attorno al secolo, ma non avendo alternative ci si ritrovava li ai tavolini del grazioso giardino per usufruire del wifi gratuito. In quel pomeriggio sembrava che tutto andasse storto, una congiunzione astrale da guiness dei primati. Chiesi al cameriere panzuto e sudaticcio di servirmi il solito the caldo con brocca a parte, miele a parte e tazza a parte, e lui di tutto punto al solito mi rispondeva “ma te non sarai normale che bevi il the a maggio”, ed io ormai assuefatta ai commenti grezzi e obsoleti di concittadini retro style,  dal gusto vintage andante, non rispondevo nemmeno più, abbozzavo un sorriso ed attendevo buona buona il mio the.
Nel frattempo fui colta di sorpresa dall’arrivo di un giovane aitante dall’accento straniero che farfugliava qualcosa a denti stretti mentre con un ghiglio delle labbra teneva la sigaretta spenta in bocca. Risposi con la mia innata gentilezza e cortesia, cercando di essere utile allo straniero super bono.  E cosi dopo vari scambi di battute, scoprii che si trattava di un cantante folk che si aggirava per le colline toscane alla ricerca di una non ben identificata sala di registrazione.  Era in moto e dopo aver bevuto il mio the, mi offrii di fargli strada fino all’indirizzo che aveva memorizzato sul navigatore inceppato.
Quel pomeriggio non trovammo solo la sala di incisione tanto ricercata, ma anche l’amore. In realtà, si trattò di un colpo di fulmine per entrambi. Sembravamo come posseduti dal dio eros, imbambolati l’uno negli occhi dell’altro. Ormai eravamo improciuttati alla grande! E mentre l’ascoltavo suonare la chitarra e accompagnare la melodia con la sua voce rauca, profonda, pensavo ecco è lui!
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E’ da lui che vorrei essere amata un giorno. Lo so, può sembrare pura follia, perdita di senno, volo pindarico senza paracadute, ma io mi sentivo incredibilmente viva, libera e felice. Cominciammo così una storia di passione e amore no limits. C’eravamo solo noi! Bastavamo a noi stessi. Tanti interessi ci univano ma era l’amore per la musica a farla da padrona.
Nella musica riuscivamo ad esprimere la nostra vera essenza di spiriti liberi che viaggiano nel tempo e nello spazio, fondendosi in una sola entità in totale armonia con la naturale e l’universo.
Come si può spiegare l’amore a pelle, quell’amore che trova la sua esatta metà nel pacman perfetto! Sensazioni ed emozioni che non hanno parole, che puoi sentire solo nella profondità di un tocco di pelle, di una mano che ti sfiora l’anima partendo dalla superficie, dalla pelle. La nostra storia, le nostre origini sono tutte scritte in maniera indelebile sulla nostra pelle.
Essa non mente mai! E’ a pelle che si percepiscono le nostre emozioni più vere, quelle che ci fanno sentire i brividi. Ed è a pelle che io e Jhon ci innamorammo quel pomeriggio.  E con il tempo, negli anni cresceva la nostra voglia di lasciare la superficie per andare in profondità, per scoprire la nostra parte più intima, quella più vera, dando voce ai nostri desideri.
Jhon mi chiese di sposarlo affidando il suo cuore alla musica, perché entrambi non eravamo bravi ad esprimere a parole le nostre emozioni. E così in una sera stellata, con chitarra e voce mi chiese in sposa dopo avermi cantato Shallow, un pezzo che lui adorava e che voleva cantassi con lui in un duetto d’amore di pura magia, dove le nostre anime trovavano una  corrispondenza gemellare.
La musica non mente, ma predispone l’anima all’ascolto.
Beh, quindi ritornando alla mia lista dei to do per l’organizzazione del nostro matrimonio, la musica era l’unico punto che insieme avevamo scelto senza compromessi, andando nella profondità dei nostri cuori: shallow non poteva non essere la colonna sonora del nostro amore nel nostro giorno più bello!